Come funziona il cambio di destinazione d’uso da ufficio a residenziale?

La riconversione degli spazi a uso ufficio in unità residenziali è un fenomeno in costante crescita, stimolato dalle mutate esigenze del mercato immobiliare, dall'incremento dello smart working e dalla necessità di rivitalizzare aree urbane caratterizzate da un'elevata presenza di edifici terziari sottoutilizzati.

In questa guida cerchiamo di fare il punto sui principali aspetti tecnici, normativi, procedurali ed economici relativi al cambio di destinazione d'uso da ufficio a residenziale, fornendo una panoramica delle principali opportunità connesse a tali interventi.

La normativa di riferimento

Per prima cosa, ricordiamo che nel nostro Paese il cambio di destinazione d'uso degli immobili in Italia è disciplinato principalmente dal D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell'Edilizia), che all'art. 23-ter definisce le categorie funzionali (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale) e stabilisce quando il passaggio dall'una all'altra costituisca una modifica urbanisticamente rilevante.

Alla normativa nazionale si aggiungono poi ulteriori fonti. In particolare, le Regioni e i Comuni possono definire ulteriori articolazioni delle categorie funzionali, stabilire limitazioni al cambio di destinazione d'uso, prevedere disposizioni specifiche all'interno dei propri strumenti urbanistici e introdurre incentivi o semplificazioni procedurali per favorire determinati interventi di riconversione. Anche per questo motivo, come vedremo, è sempre opportuno verificare il Piano Regolatore Generale (PRG) o Piano di Governo del Territorio (PGT), i regolamenti edilizi comunali e le eventuali delibere o normative regionali specifiche.

Ciò premesso, l'art 23 c.1-bis del Testo Unico sull'Edilizia stabilisce che:
il mutamento della destinazione d'uso della singola unità immobiliare all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni
per poi precisare che sono sempre ammessi il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali sopra citate (tranne la rurale)
di una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero nelle zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia, nel rispetto delle condizioni di cui al comma 1-quater e delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.

Pertanto, se l’unità immobiliare ricade nelle zone A, B e C (per vedere in che zona ricade il proprio immobile occorre visionare i piani urbanistici comunali), è possibile passare da una destinazione all'altra rispettando quanto previsto dal comma 1-quater, secondo cui
per le singole unità immobiliari, il mutamento di destinazione d’uso di cui al comma 1-ter è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Nei casi di cui al comma 1-ter, il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150. Resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, ove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria.

Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

Gli aspetti tecnico-progettuali

Per la conversione di un ufficio in abitazione è necessario rispettare alcuni fondamentali requisiti residenziali. Proviamo a riepilogarli:

  • Altezza minima interna: generalmente 2,70 m per i locali abitabili (soggiorno, camere) e 2,40 m per servizi e corridoi;

  • Superficie minima: 28-38 mq per monolocali (variabile secondo normative locali);

  • Rapporti aero-illuminanti: superficie finestrata pari ad almeno 1/8 della superficie pavimentata per i locali abitabili (con deroga a 1/12 per i locali sottotetto in caso di illuminazione conseguita mediante finestrature piane o semipiani, come lucernari o finestre in falda);

  • Dimensioni minime dei locali: camera singola min. 9 mq, camera doppia min. 14 mq, soggiorno min. 14 mq;

  • Servizi igienici: dimensioni minime e requisiti di ventilazione (naturale o forzata).

È inoltre fondamentale soffermarsi sull’adeguamento degli impianti all’edificio residenziale. Abbiamo riassunto nella seguente tabella i principali riferimenti:

Tipologia impianto Interventi
Elettrico Adeguamento alla normativa residenziale (CEI 64-8)
Ridistribuzione dei punti luce e prese
Installazione di quadri elettrici conformi alle esigenze abitative
Termico Eventuale sostituzione del sistema di climatizzazione
Adeguamento dei terminali di emissione
Verifica della potenza installata in relazione ai nuovi fabbisogni
Idrico-sanitario Creazione di bagni e cucine con relative colonne di scarico
Verifica della pressione idrica
Dimensionamento della rete di distribuzione
Ventilazione Sistemi VMC (Ventilazione Meccanica Controllata) ove necessario
Adeguamento delle canne fumarie e di esalazione
Per tutti gli impianti sarà necessario rilasciare le dichiarazioni di conformità previste dal D.M. 37/2008. Ancora, rammentiamo come il passaggio da ufficio a residenziale richieda anche il rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici (D.P.C.M. 5/12/1997) in termini di isolamento acustico di facciata e al calpestio, dai rumori aerei tra unità abitative e degli impianti. Potrebbe dunque essere necessario intervenire con controsoffitti, contropareti, pavimenti galleggianti e isolamento degli impianti. Infine, gli interventi di riconversione devono rispettare anche i requisiti minimi di prestazione energetica previsti per gli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazione importante o riqualificazione energetica in termini di trasmittanza termica degli elementi disperdenti, efficienza degli impianti, utilizzo di fonti rinnovabili e APE (Attestato di Prestazione Energetica) post-intervento. Vi è anche la necessità di garantire l'accessibilità o l'adattabilità delle unità abitative ai sensi della Legge 13/1989 e del D.M. 236/1989, prevedendo accessi e percorsi accessibili, dimensioni adeguate di porte e passaggi, servizi igienici adattabili e spazi di manovra per persone con disabilità. La procedura amministrativa Chiarito quanto sopra, possiamo brevemente soffermarci sulla procedura amministrativa necessaria per realizzare il cambio di destinazione d’uso da ufficio a residenziale. Prima di tutto, è fondamentale munirsi del titolo abilitativo necessario. Ricordiamo che, a seconda dell'entità delle opere e delle specifiche normative locali, il cambio di destinazione d'uso da ufficio a residenziale può richiedere: SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): quando il cambio d'uso avviene con opere edilizie minori, non strutturali; Permesso di costruire: quando il cambio di destinazione comporta opere edilizie significative o modifiche strutturali; CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata): in rari casi, quando previsto dalle normative locali per interventi di minima entità. La documentazione necessaria dipende dal tipo di intervento e dalla sua funzionalità all’ottenimento del titolo abilitativo, ma comprende di norma: Relazione tecnica illustrativa dell'intervento Elaborati grafici dello stato di fatto e di progetto Documentazione fotografica Verifiche urbanistiche e calcoli planivolumetrici Relazione sul rispetto dei requisiti igienico-sanitari Verifica degli standard urbanistici Progetto impiantistico (elettrico, termico, idraulico) Documentazione acustica Relazione sul superamento delle barriere architettoniche Eventuale relazione paesaggistica o autorizzazioni specifiche. Quanto costa il cambio di destinazione d’uso Il cambio di destinazione d'uso da ufficio a residenziale comporta generalmente il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, il contributo sul costo di costruzione e l’eventuale monetizzazione degli standard urbanistici, se non reperibili. Le amministrazioni locali possono stabilire riduzioni o incentivi per favorire la riconversione di aree dismesse o sottoutilizzate. Proviamo a riassumere di seguito un esempio dei principali costi da sostenere, con importi da verificarsi con il proprio Comune di riferimento.